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Antonio

  • Immagine del redattore: voci coro
    voci coro
  • 1 apr
  • Tempo di lettura: 4 min

Storie di gomme e motori, graffi e bugie



“Ciao papà come stai? Come vanno le cose? “


“Tutto bene. Oggi sono stato dal mio amico Fabrizio e nel pomeriggio porterò tua mamma a fare la spesa. E la macchina? L’hai graffiata? Te l’ho già detto! se le fai qualche graffio, paghi tu e non la usi più!”


“Ma è possibile che ogni volta mi ripete sempre la stessa cosa? Stavamo chiacchierando di tutt’altro e in un attimo ci ritroviamo a parlare dell’auto, dei graffi, del paraurti, di quella volta che l’ha portata a sistemare, di meccanici e di responsabilità. Ci manca solo che mi parli anche di assicurazioni e di avvocati e mi sembra di aver chiamato il centro assistenza di una delle tante compagnie assicurative dopo un incidente stradale” penso tra me prima di rispondergli :


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“ Si papà, lo so, ma non ti preoccupare…è tutto ok” chiudo laconicamente, per non entrare in un ginepraio di domande e risposte che mi porterebbe inevitabilmente verso la confessione delle confessioni :


La macchina è irriconoscibile! ho battezzato tutti i muri del centro storico e se la vedessi ora rischieresti un infarto!


A quel punto, seppur a distanza di più di mille chilometri dovrei mettermi in ginocchio, sollevare le mani al cielo e gridare :


“Non è colpa mia! Sono i vicoli ad essere troppo stretti e la tua Yaris troppo grande.Perdona o padre questo tuo figlio non pilota, perdona il suo piede sinistro che preme malamente la frizione, le sue mani scivolose e la sua mente distratta che vede spazi laddove non esistono”. 


Ma del resto come dargli torto? È per questo che, nonostante abbia ormai quasi 46 anni, continua a preoccuparsi come se fossi ancora un bambino, quello stesso che in un sabato pomeriggio, con tutta la sua famiglia fuori di casa,  fece volare le chiavi nel buco che separa l’ascensore dal pianerottolo.


A distanza di anni mi chiedo ancora come sia stato possibile e oggi come allora non posso fare altro che dire “non l’ho fatto apposta!”


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Non pago di aver ridotto quella povera carrozzeria a cimitero di strisciate e urti,  un giorno, uscendo in retromarcia dal parcheggio davanti a casa, sento un insolito rumore e capisco immediatamente che ho appena commesso l’ennesimo danno.


“Noooo, ho bucato! La ruota ha sicuramente urtato contro i gradini” penso con le mani sulla fronte (avrei voluto scrivere con  le mani tra i capelli, ma di mio nonno porto il nome, le spalle, il carattere fumantino e una calvizie precoce).


Scendo dall’auto e le flebili speranze che il pensiero non sia vero si dissipano non appena vedo lo stato della gomma.


“E ora? Che faccio?” mi chiedo mentre l’ansia inizia a salire.


Per fortuna, rapidamente, la mente mi conduce dalle parti di via prigioni. “ma certo! Al centro storico c’è anche un meccanico”


Con il pneumatico oramai sgonfio e il piede che preme delicatamente l’acceleratore, raggiungo l’officina e ad attendermi c’è il signor Antonio che cordialmente mi rassicura :


“Non ti preoccupare, nel giro di un’ora è tutto sistemato”


Confortato dalle sue parole mi accendo una sigaretta e mi appoggio al muretto che costeggia la strada, guardando da debita distanza quell’angolo di storia che dal lontano 1989 è il soccorso per tanti automobilisti che  come me hanno bucato, l’auto in panne o semplicemente un insolito rumore che, si sa, è sempre meglio controllare.


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Antonio con le sue mani gentili, nere di grasso, forti come il ferro dei tanti arnesi, accoglienti come le pedane è stato il riparo sicuro per tanti cittadini che si sono rivolti a lui in tutti questi anni.

C’è la polizia municipale locale che ogni tanto porta una volante, un appassionato di auto d’epoca che necessita il tocco di un artista riparatore o una anziana signora che rimasta per strada ha bisogno di un puntuale aiuto. Anche nonno era un suo cliente affezionato, perché sapeva che quel meccanico cordiale e preparato si sarebbe preso cura della sua tanto amata Fiat 128 blu.


“Mi sa che questa volta la dobbiamo demolire” avrà detto nonno dopo l’ulteriore guasto di un mezzo che ha fatto storia.


“Zu Totò, non ti preoccupare, farò di tutto e vedrai che l’aggiustiamo” lo ha confortato lui, sostenuto dalla positività che gli si legge negli occhi e da quell’empatia motoristica che lo lega da sempre alla casa automobilistica torinese, che in quegli anni riusciva ancora ad essere un orgoglio nazionale.


Il fumo della sigaretta si dissolve nell’aria e lascia spazio alla visione di ruote accatastate accanto all’ingresso, di auto parcheggiate nell’attesa che arrivi il turno della loro riparazione, di motorini smontati, di carene spaiate e di un albero secolare che si erge a riparo nelle calde giornate di agosto e compagno di lavoro nelle fredde serate d’inverno, perché qualunque sia la stagione Antonio è sempre presente con la saracinesca alzata.


La sua è una storia di resistenza e restanza. Come tanti avrebbe potuto trasferirsi allo scalo, ma li ha solo studiato, nella scuola di arte e mestieri dei Padri Giuseppini, per poi tornare alla sua tanto amata Rossano 


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Ha resistito alla tentazione dei nuovi capannoni e  dei macchinari ultra moderni; il suo udito allenato nel riconoscere l’anomalo borbottio di un motore, il tatto preciso nell’accarezzare lamiere e carrozzerie e la vista aguzza che scorge le sottili imperferzioni di un pneumatico sono alleati che un computer non potrà mai avere, nemmeno in quest’era di spasmodica ricerca dell’intelligenza artificiale perfetta.


Sono immerso nei miei pensieri quand’ecco che sento :


“L’auto è pronta” 


Ringrazio, pago, salgo in auto e dal finestrino mi volto per un ultimo saluto mentre Antonio mi fa un cenno con la mano.Non serve dire altro.

Ha fatto il suo mestiere, come ogni giorno. E domani sarà di nuovo lì, a resistere, mentre io alla guida, cercherò di resistere tra i vicoli del paese, per non dover dire nuovamente : “Papà, non l’ho fatto apposta”.


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