Domenico
- voci coro
- 14 ott
- Tempo di lettura: 4 min
L'uomo che aggiustava il tempo
Chino sulla scrivania, il monocolo sull’occhio destro e tra le mani minuscoli attrezzi di precisione che solo un fine artigiano può usare con maestria. Domenico, ai più noto come Micuccio, è intento a riparare un elegante Omega dal cinturino di pelle e il quadrante dalle alette dorate che un illustre avvocato della zona gli ha affidato, come del resto fanno tutti in città.
Senza distogliere lo sguardo dagli ingranaggi muove la lampada e illumina al meglio l’angolo remoto per colpa del quale il tempo, sull’orologio, sembra essersi fermato per sempre.

Sa che si tratta solo di una piccola pausa e che la sua consueta caparbietà potrà rianimare quel silente, quasi sommesso, ticchettio.
E di nuovo tornerà il sorriso sul volto del proprietario che con dispiacere, ma tanta speranza, ne ha sganciato la fibbia, lo ha posto nelle mani del maestro riparatore ed è uscito dalla porta celermente, come se non volesse assistere a quell’operazione a cuore aperto.
La porta della bottega, a pochi passi da Piazza del Popolo, si apre nuovamente e un anziano signore vi entra, tenendo tra le mani la sua sveglia con l’iconica gallina arancione rappresentata tra le lancette.
"Domenico riesci ad aggiustarmela?" chiede con voce preoccupata. "Lasciamela qui che le do un’occhiata" risponde Micuccio con gli occhi posati sul suo paziente.
Adagiata la sveglia sul bancone il signore ringrazia e ritorna alla chiassosa via, dove il vociare dei venditori ambulanti si mescola a quello delle signore affacciate ai davanzali intente a condividere gli ultimi pettegolezzi mentre i signori, sulle panchine, accendono una nuova sigaretta e sfogliano le notizie del giorno.
Il frastuono della città è vivo, colorato, festoso eppure nel suo negozio, e nella sua mente, regna il silenzio.
Il tempo è cristallizzato, come immobile è l’ora dell’orologio.
Forse, una volta sistemato, anche Domenico riprenderà vita, forse le lancette torneranno a muoversi e anche il suo corpo lentamente si desterà dalla veglia operosa e concentrata in cui entra l’artigiano quando interagisce con il suo manufatto.
Eppure c’è qualcosa che per Domenico conta di più degli orologi…
La radio diffonde nella stanza le parole di Fossati “Ma intanto guardo questo amore che si fa più vicino al cielo come se dietro all'orizzonte ci fosse ancora cielo…” quand’ecco la porta aprirsi all’improvviso.Il suo profumo -gelsomino, rosa e mela- è inconfondibile e Domenico lo conosce perfettamente, il suo cuore riprende a battere velocemente e l’orologio, ora, non è più il centro dei suoi pensieri.

La donna, nel suo elegante soprabito color crema, rimane in piedi davanti a lui come in attesa di un gesto.
“Dopo tutta questa strada fatta per raggiungerlo è il minimo che possa fare per dimostrarmi il suo amore” pensa tra sé guardandosi intorno.
Ma Domenico rimane ancora un attimo seduto, si aggiusta il monocolo e stringe la vite. Il suo corpo freme, ma la seduzione necessita di tempi lenti e da buon tanghero ha già iniziato il suo ballo.
Finalmente abbandona la sedia, si alza e con fare deciso le si avvicina per stingerla tra le braccia.
Le accarezza i capelli mentre il suo respiro si fa sempre più calmo.Chiude gli occhi, china la testa e il suo naso si avvicina lentamente al collo di lei che, all’improvviso, sente un brivido correrle per tutta la schiena.
Con le labbra ormai prossime a baciarsi Domenico le sussurra: “Sono settimane che sogno il tuo viso. Quanto mi sei mancata!”
“Baciami ti prego”
Con la passione calabrese che s’intreccia con quella argentina, scoperta e alimentata anni prima per le strade di Buenos Aires, Micuccio si lascia trasportare dal desiderio e le loro bocche tacciono lasciando parlare solo il tempo, finalmente vivo, folle, ardente.
Dopo attimi che sembrano eterni, lei lo spinge via con le mani.
“Lo sai che non possiamo farlo, sono una donna sposata. Addio amore mio” esclama la donna prima di chiudere dietro di sé la porta e quella storia senza tempo.
Micuccio rimane lì, fermo, attonito e nei suoi occhi si legge l’amarezza per un amore terminato, ma anche la luce di chi sa che presto il suo cuore riprenderà a palpitare per nuove gote purpuree, occhi che sanno di mare e capelli al gusto di casa.
Perché del resto le lancette si fermano, ma lui sa come rimetterle in movimento.
“Amore andiamo? È ora di rientrare a Rossano”
All’improvviso la voce di Gabriella rompe la bolla sognante in cui ero entrato ascoltando i racconti di Domenico e perdendomi tra gli oggetti e le fotografie esposte nel suo laboratorio.
Colpiti dall’insegna eravamo entrati con la consueta voglia di scoperta; lei armata della sua inseparabile macchina fotografica, io del mio taccuino: pronti a farci sorprendere dalla storia che sapevamo celarsi tra quelle mura. E ora quasi non vorremmo più uscirne.
“Hai ragione, andiamo!” dico io ormai destatomi dal viaggio onirico appena vissuto tra i ricordi del Micuccio che fu.

Domenico ci saluta e sull’uscio del suo negozio si presta per l’ultima posa.
Io lo guardo ancora una volta e penso che l’affascinante, decadente Corigliano si sia fermata come le lancette dei suoi orologi, ma che attraverso i ricordi di uomini e donne come lui e i sogni intrepidi delle nuove generazioni le lancette di questo meraviglioso luogo possano riprendere il loro incedere.
Finalmente saliamo in macchina, riprendendo la via di casa accendo la radio e quasi per incanto di nuovo il grande Fossati ci delizia con le sue parole :“ …È tempo che sfugge, niente paura che prima o poi ci riprende. Perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo, per questo mare infinito di gente...”



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