I custodi delle troccole
- voci coro
- 22 apr
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La tradizione che resiste
Sono stanchi Francesco, i due Alfonso, Michele e Lorenzo.
Appoggiati sul muretto aspettano che la processione riprenda dopo una delle ultime stazioni della Via Crucis dell’Addolorata che ha portato tanti fedeli nel sepolcro della chiesa di Santa Maria della Pace nel rione del Cozzo al centro storico di Rossano.
Alle loro spalle, a fare da cornice a questo quadro giovanile, un suggestivo scorcio del golfo di Sibari che, unitamente al tiepido sole desideroso di farsi spazio tra le nuvole primaverili, riscalda il corpo e lo spirito di tutti coloro che dal mattino presto hanno deciso di accompagnare la consueta cerimonia mattutina del venerdì Santo.
Sono circa le 8 del mattino e la cittadina è ormai sveglia.

“Possiamo riprendere a suonare?” si chiedono.
“No! Ancora no.” risponde loro un signore che li segue da vicino per dargli istruzioni.
“Sono stanco, mi fa un po’ male la mano” dice uno dei ragazzi.
“ Dai a me, faccio io!” risponde il più dotato fisicamente.
“ Io non ho nemmeno dormito” aggiunge Francesco, a sottolineare agli amici quanto l’adrenalina per il grande evento lo abbia tenuto sveglio tutta la notte. Nonostante la fatica, chiude in modo perentorio:
“Continuo a suonare, io!”
All’improvviso il signore, scorgendo dalla scalinata il “cristo” risalire con la croce, tenuta sulle spalle da oramai più di tre ore, dice :
“Ci siamo! stanno arrivando.”
Ed ecco che i cinque, velocemente, riprendono i loro strumenti di legno tra le mani ed iniziano a girare con vigore la manovella, tipica di questo meraviglioso marchingegno.

Il suono inconfondibile, cupo e stridente, di questo manufatto della musica popolare riprende a riecheggiare in aria avvisando i vicini quartieri del passaggio della processione.
“Più forte, forza, non ti fermare” gridano i suonatori, aiutandosi a vicenda e cercando con l’incitamento reciproco di superare la stanchezza.
Le mani si muovono spedite, i polsi accompagnano i movimenti, i visi serrati denotano tutta la loro concentrazione per un compito che stanno svolgendo con sommo impegno, come se la riuscita, tutta, della processione dipendesse dai loro suoni vibranti.
Accanto a loro ci sono adolescenti, giovani, uomini, coloro che un tempo hanno svolto il medesimo compito a scrutarli attentamente, quasi stessero pensando:
“ Quando ero piccolo l’ho fatto anche io, lo facevo meglio, lo facevo così, io mettevo le mani in questo modo…”
Francesco e i suoi amici è come se riuscissero a percepire questi sguardi critici e il loro impegno aumenta ancor di più, è ormai diventata una sfida generazionale.
“ Ammanì! Chiù veloc” si fa scappare in dialetto un suonatore.

La processione, nel mentre, riprende lentamente il suo incedere, i confratelli dell’Addolorata nel loro consueto saio bianco e viola, precedono Don Pietro, un Gesù incappucciato e tutta la folla che ordinata si accoda, mantenendo la medesima compostezza tenuta per tutto il percorso, nonostante gli angusti passaggi per i vicoli del centro attraversati alle prime luci dell’alba.
I giovani strumentisti hanno ancora forze per un ultimo scatto, si posizionano in testa e scuotono le strade con i loro festanti spiriti.
Io li guardo da lontano e la mente va al ricordo del maestro Pasolini, sicuro che se li avesse conosciuti ne avrebbe fatto certamente i protagonisti di un suo film.
Sono ormai giunti gli ultimi passi di questa lunga camminata che ha visto il centro storico rivivere di un’antica tradizione fatta di spiritualità, di passione, di fedeli, di preghiera, di vociare partecipante, di parrocchie le cui singole Via Crucis s’intersecano, si fondono, si aspettano, si respirano, si salutano, si amano, vibrano all’unisono sorrette dalla fede e dal suono instancabile delle troccole.

Senza questo antico rumore, suonato da bambini che crescono in un centro storico troppo spesso abbandonato e che sembra voler essere un grido di di esistenza e di un’infanzia che resiste, il venerdì Santo non sarebbe lo stesso. Noi tutti, che li abbiamo ascoltati, non possiamo fare altro che custodirli gelosamente.
Custodire quei suoni, i loro volti e il loro entusiasmo, affinché le parole del Vangelo di Luca diventino vita :
“Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso»



Grazie mille per questi complimenti a noi, io sono Alfonso, io e i miei compagni siamo veramente grati a questa pagina di giornale dedicata a noi.