Lavecchia
- voci coro
- 31 dic 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Restano le mani

Su quella destra da qualche mese è apparso qualche callo, un ricordo che le racchette di tennis e padel stanno lasciando sulla mia pelle, mentre il palmo della sinistra risulta ancora liscio; nonostante l’età che avanza appare morbido al tatto.
Sulla sinistra giganteggia da giugno la fede nuziale con la quale spesso mi ritrovo a giocare con le dita e che mi ricorda, se mai ce ne fosse bisogno, che Gabriella è la mia incantevole sposa dai capelli che sanno di vento.
Entrambe iniziano a mostrare qualche increspatura e il loro colore ancora dorato quantunque sia inverno, da un lato mi riempie di gioia per aver lasciato alle spalle la grigia Milano e dall’altro mi tormenta, per un cambiamento climatico inesorabile i cui effetti nefasti rimbombano con preoccupante velocità.
Queste sono le mie mani!
Le mani mi riconducono immediatamente al lavoro, alla fatica, ai sacrifici, a quell’impiego manuale che per Cesare Pavese non è solo un mezzo di sussistenza, ma anche un’espressione di dignità, un atto che connette l’uomo alla terra e al proprio destino.
E il destino della famiglia Lavecchia sembra scritto da un regista panettiere che ne ha voluto fare un faro tra i forni del centro storico di Rossano.
Prima il nonno, poi lo zio ed ora Giuseppe, un intraprendente giovanotto che con le sue mani mescola sapientemente i tipici ingredienti di quella che per noi italiani è una costante
nell’alimentazione mediterranea : la pizza.

Da qualche anno l’insegna Lavecchia illumina il quartiere San Domenico e all’entrare in questa piccola pizzeria del rione si respira subito un’aria calda, accogliente. Il rosso alle pareti richiama l’anduja che colora e rende frizzante la “traforo” una delle tante delizie che si possono assaporare in questo sorprendete locale.
Giuseppe da dietro il bancone infarinato saluta con un sorriso mentre i suoi polpastrelli pigiano, con la maestria di esperto pizzaiolo, l’ennesimo panetto che a breve verrà infornato, Giovanni alla cassa intrattiene i clienti con istrionica simpatia; lui negli anni ha impastato ben altra materia, le sue mani hanno edificato case e muri, e con le sue stesse mani ha costruito tutto quanto si trova e si cela all’interno della pizzeria.
È il suo regalo alla famiglia, al figlio; è un atto di coraggiosa restanza sorretto dal grande amore che nutre per la città che da sempre vive con gli occhi entusiasti di colui che nelle vie di questo centro ha trovato la piena realizzazione delle sua vita.
E poi c’è Concetta, donna di antichi valori, lavoratrice infaticabile, moglie innamorata, madre silente, celata nella retrostante cucina che con solerzia accompagna il lavoro degli uomini in “prima linea”; Concetta è come il sale, da sapore a questa famiglia.
Le mani di questo nobile focolare domestico s’intrecciano da sempre, collaborano tra loro, si stringono, a volte dolcemente altre con impeto perché il lavoro chiama, si accarezzano e si scuotono, si aprono e a accolgono.
Non le conosco queste mani, ma chiudo gli occhi e provo a immaginarle.

Il pensiero va immediatamente alle radici e alla terra, al quotidiano lavoro fatto di gesti ripetitivi che plasma le identità e inizio a vederne i contorni : sono calde di piatti sporchi, rosse di salsa, stanche di tanta fatica, lisce come il granito, dolci come la cipolla caramellata, fiere come il lavoro che nobilita, morbide come i “crustoli” appena sfornati, genuine come la semplicità dei borghi antichi, scure come il suolo che nutre, forti come il cemento e ferme come coloro che, nonostante tutto, hanno deciso di restare.
Robin Williams in una memorabile scena di “Will Hunting - Genio Ribelle” sfida il giovane Matt Damon dicendogli “
…tu non hai la minima idea delle cose di cui parli…Michelangelo, sai tante cose su di lui, le sue opere, le aspirazioni politiche, lui e il papa, le sue tendenze sessuali, tutto quanto vero? Ma scommetto che non sai dirmi che odore c’è nella Cappella Sistina, non sei mai stato li con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto…mai visto!
Noi tutti possiamo leggere mille libri che parlino di restanza, scoprirne nuovi casi leggendo articoli di giornale o chissà storie come questa, ma solo recandoci dai Lavecchia potremo capirne il reale significato, vedere negli occhi innamorati di Giovanni e Concetta che cosa significhi amare e cogliere nel sapore della pizza di Giuseppe il vero gusto di coloro che ogni giorno scelgono di lottare per la città in cui sono nati.



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