Lupus in fabula
- voci coro
- 27 mag
- Tempo di lettura: 6 min
Tra miseria e nobilità, le voci vanno in scena

Nel cuore antico di Rossano c'è una compagnia che da anni accende i riflettori sulla scena e sull'anima di una città che ha fame - fame di bellezza, di cultura, di rivalsa e di futuro.
Lupus in fabula con il suo incessante lavoro e il suo amore per quest'arte antica è un presidio culturale e poetico che va difeso e sorretto affinché le voci della scena si propaghino per i vicoli della città diventando una corale collettiva che armoniosamente gridi il suo appetito di dignità.
Nata quasi per gioco, oggi questa compagnia porta in scena il teatro d'autore e lo fa con cura e una passione che in tutti questi anni, nonostante le difficoltà, non si è mai assopita.
Durante le prove della loro ultima commedia "Miseria e Nobiltà" del maestro Eduardo Scarpetta, abbiamo avuto il piacere di assistere al dietro le quinte, respirando per qualche ora l'aria vibrante degli atti che prendono le definitive fattezze. È stata anche l'occasione per chiacchiere con la presidentessa dell'associazione culturale, la Sig. Lorena Stumpo, che ci ha regalato una storia viva, fatta di giovani diventati adulti e rimasti fedeli a un sogno : quello di restare e creare, dove tutto sembra spingere ad andare via.
A seguire il testo integrale dell'intervista che unisce palco e vita, memoria e desiderio.
Come e quando è nata la vostra compagnia teatrale?
La Compagnia Teatrale Lupus in fabula nasce da un gruppo di ragazzi giovanissimi del centro storico di Rossano che seguiva un cammino di fede con Don Pino Straface.
Oltre agli incontri settimanali che si tenevano nel Seminario Arcivescovile (di cui era appunto rettore Don Pino all’epoca), organizzavamo uscite, momenti di condivisione, gite ed eventi.
Era l’autunno del 2010 ed ebbi l’idea di preparare un piccolo spettacolo teatrale (mia passione da sempre) per il Natale ormai alle porte.
Così decidemmo di contattare il Prof. Nicola Nastasi per farci dirigere, vista la sua esperienza nel campo del teatro nei suoi anni di insegnamento.
Quella piccola rappresentazione segnò l’inizio di una profonda amicizia tra noi e di un sogno nel cassetto che aspettava solo di essere realizzato: fondare una compagnia teatrale.
Formammo un gruppo straordinario, ognuno con talenti nascosti che meritavano di venir fuori. Non solo attori dunque, ma anche scenografi, costumisti, sarti, grafici, tecnici di scena e del suono. Avevamo tutto. Dovevamo solo salire su quel palco.
Grazie al Prof, iniziammo a conoscere e studiare il teatro dei fratelli De Filippo, Peppino ed Eduardo. Anno dopo anno, lavoravamo sui capolavori del teatro del ‘900, per citarne alcuni: “Natale in Casa Cupiello”, “Filumena Marturano”, “Napoli Milionaria”. Fu un onore confrontarci con opere del genere, emozioni che mai dimenticheremo.

Quali sono state le prime difficoltà e le prime soddisfazioni?
Per farci conoscere davvero dal pubblico, ci sono voluti un po’ di anni. Quello che abbiamo scelto di proporre è un teatro d’autore, che ha fatto un po’ fatica a farsi apprezzare all’inizio dei nostri esordi. Non per questo abbiamo mollato, anzi. Oltre alle commedie teatrali, abbiamo ideato e proposto molti eventi che sono rimasti impressi nel panorama artistico della città. Le prime soddisfazioni sono arrivate proprio quando il pubblico ha iniziato ad apprezzare il nostro lavoro, dettato unicamente dalla passione e da una voglia irrefrenabile di creare qualcosa di bello per il nostro paese.
Chi sono le persone che ne fanno parte oggi? Che percorsi portano con sé?
Le persone che oggi fanno parte della Lupus, sono le stesse che l’hanno vista nascere insieme ad altre che poi si sono unite man mano nel corso degli anni, aggiungendo sempre di più valore alla nostra grande famiglia. Una volta erano ventenni che mettevano da parte tutto pur di stare insieme, con il desiderio di investire il loro tempo in qualcosa di speciale, promuovendo l’arte in tutte le sue forme.
Nel nostro cuore siamo sempre quegli stessi ragazzi, solo con qualche anno in più.
C’è un momento, un ricordo o un aneddoto che per voi rappresenta lo spirito della compagnia?
Ad ogni fine spettacolo, dopo i saluti al pubblico, ci guardiamo negli occhi.
Sono attimi di felicità che non hanno eguali. Vedere i miei compagni con gli occhi lucidi e il sorriso pieno di soddisfazione è una sensazione unica, un’euforia incontenibile, una vera gioia.
Non vorresti essere in nessun altro posto al mondo.
È lì che noi viviamo. Quel momento racchiude tutto ciò che siamo.
Come nasce l’idea di portare Miseria e Nobiltà in scena a Corigliano-Rossano?
Dopo anni in cui abbiamo lavorato sulle commedie di Peppino ed Eduardo, volevamo confrontarci con un altro capolavoro d’autore e metterci alla prova con una narrazione e una comicità un po’ diverse: Eduardo Scarpetta.
In fondo, è grazie a lui se oggi abbiamo il patrimonio artistico dei De Filippo.
Qual è, secondo te, l’attualità di Miseria e Nobiltà?

Nonostante siano passati quasi 150 anni, “Miseria e Nobiltà” di Eduardo Scarpetta rimane attualissima per la sua capacità di far riflettere sulla condizione umana, sulle contraddizioni sociali e la ricerca di identità , aspetti che continuano a risuonare anche oggi. Il messaggio lanciato da Scarpetta nel lontano 1887, focalizza l'attenzione del pubblico su alcune tematiche oggigiorno scontate e che potrebbero far riflettere su una delle piaghe che continua ad affliggere la società moderna come quella passata: il netto divario tra ricchi e poveri, socialmente e umanamente parlando.
Felice Sciosciammocca è un personaggio che vive di espedienti, ma conserva sempre una sorprendente umanità e una fame — non solo di cibo, ma di dignità e riscatto. Qual è la fame di Corigliano-Rossano?
La fame di Corigliano-Rossano è sicuramente paragonabile a quella di Felice.
Corigliano-Rossano merita dignità, ma ancora oggi vive una realtà difficile che lascia spazio alla rassegnazione. In molti abbandonano questa terra per trovare dignità e riscatto altrove, lasciando una patria ricca di cultura, storia e bellezze, ma povera di occasioni.
Questa è la vera fame del nostro territorio.
Cosa significa per voi fare teatro in questo luogo e in questo momento storico?
Fare teatro qui a Corigliano-Rossano significa investire negli altri, non solo culturalmente ma anche umanamente. La cosa più difficile (paradossalmente) è stare insieme, in una società che ci spinge all’individualismo.
Invece, è solo restando uniti che si raggiungono alte vette ed è solo insieme che si vive un’autentica felicità.
Questo è sempre stato il nostro dictat.
Come reagisce il pubblico locale alle vostre proposte teatrali?
Il pubblico locale ci segue ormai da anni, attende con trepidazione l'annuncio di una nuova commedia e questo alimenta in noi la voglia di continuare a lavorare per il nostro paese.
In che modo il vostro lavoro si lega ai concetti di esistenza, restanza e resistenza?
Il teatro è una forma d’arte che ti fa sentire vivo.
È catarsi in un momento difficile della tua vita. È condivisione con i tuoi amici di sempre. È immergersi in altre dimensioni, provare nuove emozioni, vivere cento vite pur avendone a disposizione solo una.
È voglia di creare qualcosa di speciale per chi, come noi, ha scelto di restare.

Cosa può imparare una città dalla presenza viva di una compagnia teatrale nel suo cuore storico?
La presenza viva di una compagnia teatrale nel cuore storico di una città come Corigliano-Rossano è molto più di un semplice intrattenimento: è un atto culturale, sociale e profondamente umano. Il teatro crea comunità, è uno spazio dove le persone si incontrano, si ascoltano e crescono insieme.
Intorno ad una compagnia teatrale nasce un gruppo coeso che condivide tempo, idee, emozioni e valori, trasformando l’impegno artistico in un’esperienza collettiva di crescita. Inoltre, il teatro contribuisce a riattivare e valorizzare i luoghi, restituendo loro voce e significato.
Dove si fa arte, si costruisce bellezza, si stimola il pensiero critico e si alimenta il senso di appartenenza.
Una compagnia che lavora e resiste in un luogo come questo dimostra che la cultura è ancora viva e possibile, che restare non è una scelta di ripiego ma un atto di coraggio e amore per la propria terra. In fondo, una città che sostiene il teatro impara a prendersi cura di sé stessa.
Se potessi lanciare un messaggio a chi legge, cosa diresti?
Coltivate sempre le vostre passioni, solo così potrete dire un giorno di aver vissuto veramente. E allora, come vuole la tradizione, non resta che augurare a tutta la compagnia un grande, sentito, scaramantico: merda, merda, merda!
Il sipario si alza il 31 maggio e il 1° giugno nell'incantevole scenario del Teatro Paolella nel centro storico di Rossano.
Venite a teatro: c’è posto per tutti in questa storia che ci somiglia, ci emoziona e ci ricorda quanto sia nobile — oggi più che mai — restare e raccontare.
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